EVERYWHERE SHOULD BE THE PLACE: STORIA DI “ORGANI” E INDIFFERENZE

(il commento che leggerete nasce da un evento realmente accaduto all’interno di un istituto formativo italiano)

 

(clip from Fargo)

 

Ovunque potrebbe essere il luogo. Apparteniamo all’ovunque. Ovunque è il luogo in cui ciascuno può sentirsi a casa, ovunque è il luogo in cui una dimora può essere creata. Le cittadinanze sono strumenti politici indicanti grandezze. Di un’entità macroscopica fagocitante ogni condotta energetica dalle bipedi (e non) forme. Ogni entità[1], statale, burocratica, sistemica, lo dicevano già i romani, è un corpo[2]. E, come tale, necessita di elementi in grado di assolvere svariate, imprescindibili, funzioni. Dando come assunto il dato collaborativo, in un sistema, senza necessariamente considerare teorie organicistiche[3],  più elementi devono collaborare per il funzionamento dello stesso e, non scomodando moralismi, si considera, dunque, “doverosa”, se non altro per il quieto andamento del grande fagocita, la collaborazione.

Ma, se un corpo, diretto rappresentante, in piccolo, del più grande corpo-sistema al quale si appartiene. Se, dico, un corpo, inerte viene rinvenuto. Per operare un esempio, viene rinvenuto all’interno di una struttura formativa. Una struttura che ha il compito di creare menti, forgiare le professionalità, i professionisti, “gli uomini e le donne” di domani. Se, in una simile struttura formativa, educativa, viene rinvenuto un gracile corpo, inerte, lungo una zona di passaggio. E se tale corpo, in difficoltà, lì giace per minuti… e minuti superanti i 10, 15, 20. Se ciò accadesse e se quel corpo avesse un volto, un nome, un’identità. E se quella identità, in difficoltà, per 10, 15, 20 minuti avesse avuto il sospetto, il dubbio, di essere niente, di essere parte di quel pavimento in cui era stesa, di quella panca cui era poggiata, di quel niente che, eppure, è qualcosa di consistente.

(particolare locandina film Restless)
(particolare locandina film Restless)

Se quell’identità nell’indifferenza generale avesse percepito se stessa come una particella annichilita, priva di identificazione. Allora il primo grande fallimento del macroscopico corpo fagocitario si sarebbe realizzato. Significherebbe che ognuna di quelle parti, necessarie al macrosistema, non ritiene rilevante la collaborazione solidale tra le sue speculari (in quanto “strumenti”), differenti, unità conviventi. Il termine strumento è inteso, qui, nell’accezione classica, positiva di derivazione latina, da “instruere”, costruire. Se, dunque, la particella “strumento” non costruisce con il doppio compito di realizzarsi e realizzare ma con il solo, autoreferenziale, intento di affermazione personale, lo Stato, il sistema, perdendo l’entità collaborativa, perde significato, perde se stesso.  Non più una comunità politica di un popolo, ossia un agglomerato civile, luogo di molti che rende tali molti un insieme, quanto un participio passato. Una fase di inerzia. Un modo d’essere. Si spera temporaneo, si teme permanente. Stato come qualcosa che forse esisteva, stato come immobilità collaborativa. Poiché per quanto lo Stato sia macroscopico, per quanto sia un’entità “più grande” degli elementi che lo compongono, da elementi è composto e sono gli elementi a renderlo positivo-produttivo o negativo-distruttivo. Senza dimenticare che la distruzione politica (e si fa riferimento alla politeia, anima della città, interconnessa al corpo civico) dell’ente (qualunque ente strutturale) diviene autodistruzione, ingiustificabile suicidio di massa.

(Patrice Murciano, The Darwin´s preoccupations)
(Patrice Murciano, The Darwin´s preoccupations)

 

Goylì Goylà


[1] Si evita, volutamente, in questa sede di indagare le validità contemporanee degli assetti istituzionali, di analizzare forme di pseudo o para governo, di indicare “realtà” preferenziali di qualunque estrazione politica.

[2] Agrippa Menenio Lenato, 494 a.C., Apologo “Una volta, le membra dell’uomo, constatando che lo stomaco se ne stava ozioso [ad attendere cibo], ruppero con lui gli accordi e cospirarono tra loro, decidendo che le mani non portassero cibo alla bocca, né che, portatolo, la bocca lo accettasse, né che i denti lo confezionassero a dovere. Ma mentre intendevano domare lo stomaco, a indebolirsi furono anche loro stesse, e il corpo intero giunse a deperimento estremo. Di qui apparve che l’ufficio dello stomaco non è quello di un pigro, ma che, una volta accolti, distribuisce i cibi per tutte le membra. E quindi tornarono in amicizia con lui. Così senato e popolo, come fossero un unico corpo, con la discordia periscono, con la concordia rimangono in salute.”

[3] Organicismo, “dottrina filosofica, politica o sociologica che interpreta il mondo, la natura o la società in analogia ad un organismo vivente” (Wiki).